Se vi sono tuttora controversie sull’eziopatogenesi , non si riscontrano invece incertezze sul quadro sintomatologico che è in genere tipico e consente, quando presente nella totalità dei sintomi, una facile diagnosi.
Tipicamente il paziente con malattia di Ménière sviluppa una sensazione di fullness , di “orecchio pieno” associata ad ipoacusia e ad acufene nell’orecchio leso; a questi sintomi segue tosto la vertigine che raggiunge l’acme in pochi minuti , è intensa con carattere rotatorio, in genere oggettiva , associata a cospicua sintomatologia neurovegetativa ( nausea, vomito, ipotensione, pallore, sudorazione etc.), associata a nistagmo e a disturbi dell’equilibrio (il paziente deve coricarsi in genere sul fianco sano). La sintomatologia vertiginosa ha durata variabile da pochi minuti a ore, talora anche a giorni, ed ha una frequenza assolutamente imprevedibile passando da serie di crisi ravvicinate a lunghi periodi di completo benessere. Gli acufeni possono persistere fra le crisi, ma generalmente si riducono di intensità o scompaiono durante o dopo l’attacco acuto. Sono tipicamente descritti di tonalità bassa paragonabile al “suono dell’oceano” o al “suono della conchiglia”. L’ipoacusia , prevalentemente di tipo trasmissivo nelle fasi iniziali della malattia, assume i caratteri di ipoacusia neurosensoriale, monolaterale, fluttuante inizialmente per diventare col tempo permanente progressiva con recruitment, con abbassamento della soglia del dolore e con cattiva discriminazione vocale. La progressione acufene ÿÿvertigine ÿÿsordità è considerata tipica della malattia; quando si è determinata una ipoacusia severa e permanente spesso le crisi vertiginose scompaiono. Vi sono varianti di questo classico quadro clinico particolarmente negli stadi iniziali della malattia che rendono incerta la diagnosi sino a quando si verifica la combinazione sintomatologica classica. Sono state descritte varianti di Ménière vestibolare e di Ménière cocleare in cui vi sarebbe un disordine isolato del labirinto posteriore o anteriore costituito da idrope endolinfatico selettivo vestibolare o cocleare. La sindrome descritta da Lermoyez nel 1919, caratterizzata da ipoacusia ed acufeni che tendono a scomparire quando insorge la crisi vertiginosa e conosciuta anche come la “vertige qui fait entendre”, non sarebbe altro che una variante cronologica dell’andamento sintomatologico e in realtà non è raro osservare tale fenomeno nell’evoluzione della malattia di Ménère. Altri pazienti con crisi menieriche documentate presentano talora episodi improvvisi di caduta a terra sulle ginocchia senza perdita di conoscenza nè sintomi neurologici associati. Questi episodi sono stati denominati da Tumarkin “catastrofi otolitiche” e sarebbero causate da una acuta stimolazione otolitica da parte dell’idrope endolinfatico.
Questi pazienti spesso riferiscono di essere spinti a terra da una forza esterna ; tale sintomatologia può essere confusa con il classico drop attack correlato ad insufficienza vertebro basilare ma è in questi casi preceduta da una storia clinica suggestiva per malattia di Ménière. Il cosiddetto “ delayed endolymphatic hydrops” si sviluppa in un orecchio danneggiato anni prima in genere da un’infezione batterica o virale. Il paziente riferisce una lunga storia di ipoacusia generalmente datante dall’infanzia seguita molti anni dopo dai sintomi e segni tipici dell’idrope endolinfatico. Se la perdita uditiva è profonda , come spesso accade, gli episodi vertiginosi non sono accompagnati da ipoacusia fluttuante e acufeni. Il delayed endolimphatic hidrops può essere mono o bilaterale , dipendendo dall’estensione del danno e dal tempo in cui si è verificato “l’insulto originale” che è stato dimostrato da studi patologici essere localizzato sul meccanismo di riassorbimento dell’orecchio interno. Si può considerare come variante della malattia di Ménière anche la cosiddetta “vertigine perimestruale” o malattia di Ohresser.
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